Il messaggio informale di Napolitano era arrivato lunedì sera da un ambasciatore del Quirinale precipitatosi a Montecitorio davanti alla commissione bilancio che stava esaminando la legge di stabilità.
«Dovete cambiare alcune norme, perché si rischia la bocciatura costituzionale », ha avvisato il collaboratore di Giorgio Napolitano.
Che poi è sceso nel dettaglio: «Il presidente chiede che vengano espunti dalla manovra gli articoli sul cosiddetto prelievo straordinario sulle pensioni d’oro.
Mettere quella norma sarebbe come dare uno schiaffo alla Corte Costituzionale, che sul tema si è espressa con chiarezza ben due volte.
Il presidente non potrebbe mettere la sua firma sotto un testo che così apertamente viola il dettato ».
La questione era ben nota a chi ha scritto la legge di stabilità, tanto da avere fatto immaginare che lo scopo di quella norma sarebbe stato più di impatto popolare che sostanziale, perché non sarebbe mai entrata in vigore.
Hanno fatto scandalo infatti le pensioni più ricche di Italia (quelle dei telefonici), che hanno cifre roboanti fino a 90 mila euro al mese.
Lo stesso Matteo Renzi durante la campagna elettorale per le primarie del Pd, aveva tuonato contro lo scandalo, sostenendo che bisognava prendere i soldi da lì.
E visto il passo marziale che lo stava accompagnando nella scalata alle vette del potere, il suo Pd si è immediatamente adeguato.
Nella legge di stabilità è previsto un prelievo straordinario proprio sulle pensioni d’oro.
Non era una novità, perché sia pure per cifre inferiori era già stato inserito sia da Giulio Tremonti che da Mario Monti.
Ma in entrambi i casi è stato cassato dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato sia quello che il prelievo sugli stipendi più alti dei dipendenti pubblici, costringendo Stato e Inps a restituire ai «prelevati» quel che era stato loro tolto, pure con gli interessi (…)
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