Nel percorso esistenziale della vita ogni essere umano, anche colui che è avvolto nell'ateismo più assoluto, prima o poi dovrà scontrarsi con la propria moralità intellettuale... Alchimista Metafisico
Siamo spettatori universali: il dissolvimento delle democrazie in oligarchie mediatiche è all'opera non solo in Italia ma in tutto il mondo. H.G. Gadamer

martedì 22 ottobre 2013

Prostituzione, proibire o legalizzare?
Ecco le regole nei Paesi europei

Prostituzione in Germania. Sex & the Merkel

Una prostituta a Berlino, nella sua camera (Credits: Getty Images)


I MODELLI – In ambito europeo gli approcci al fenomeno sono radicalmente diversi da paese a paese. Si va dal proibizionismo (la prostituzione è vietata per legge, vengono perseguiti i clienti, come in Svezia, Norvegia e Islanda) al regolamentarismo passando dall’abolizionismo (che punisce sfruttamento, reclutamento e favoreggiamento della prostituzione) fino al neo abolizionismo (è il caso di Italia e Francia, dove si colpisce in particolar modo la prostituzione al chiuso, mentre si tollera quella all’aperto), ciascuno con le sue sfumature e le sue eccezioni.
La prostituzione è regolamentata per legge in Germania, Olanda, Svizzera, Austria, ma anche Grecia, Regno Unito, Ungheria e Lettonia. Ognuno di questi paesi ha scelto la propria formula, dai bordelli statalizzati alla creazione di quartieri a luci rosse, fino alla concessione di specifiche licenze. Non è facile ottenere dei dati ufficiali, anche contattando fonti governative, spesso si ottengono risposte evasive e numeri aleatori. È evidente che, anche laddove la prostituzione è formalmente legale e lo Stato incassa la sua parte, rimane un’area grigia. Una zona d’ombra, più o meno vasta, popolata da quella fetta di persone che per varie ragioni non hanno convenienza (o non riescono) ad emergere dall’illegalità.
Il modello proibizionista, specialmente quello adottato in Svezia, poi in Norvegia e Islanda, è quello che sembra dare i maggiori risultati: la prostituzione è vietata sempre sia al chiuso che all’aperto. Vengono perseguiti i clienti in quanto la prostituzione viene sempre considerata una forma di violenza nei confronti della donna, anche quando questa sia consenziente. Infatti in questi paesi il numero di persone coinvolte nella prostituzione è generalmente molto basso, ma non è escluso che un simile approccio, in paesi più difficilmente sorvegliabili (maggiormente popolati) possa produrre un effetto opposto, favorendo la creazione di un mondo sommerso, dove sarebbe ancor più difficile controllare. Il modello abolizionista e, in particolare quello neo abolizionista adottato dall’Italia, non considera la prostituzione un attività illegale, ma vengono punite e perseguite una serie di reati correlati, come sfruttamento e favoreggiamento.
Un punto di vista privilegiato sul fenomeno lo fornisce Andrea Di Nicola, professore di criminologia all’Università di Trento, autore di studi per il Parlamento europeo e per la Commissione europea su tratta e prostituzione, compreso quello che ha classificato i diversi modelli sopra descritti. “Quale sia il modello migliore non lo sappiamo. La panacea non esiste e questo va detto – spiega Di Nicola -. Ogni modello ha i suoi limiti, ma senza ombra di dubbio l’approccio dello struzzo, ovvero di chi mette la testa sotto la sabbia perché è più facile non vedere che affrontare il problema, non porta a nulla di buono”. Tralasciando aspetti di carattere etico, la politica per fare le proprie scelte dovrebbe basarsi sui dati. La raccolta dei dati in questo settore è particolarmente complessa, ma si possono fare anche delle valutazioni in astratto: “Il sistema adottato dall’Italia, ovvero quello di consentire la prostituzione senza regolamentarla, è quello che presenta i maggiori costi”. E non si parla solo di costi diretti: “Ci sono i costi umani, quelli legati alla criminalità, quelli sanitari, quelli sulla sicurezza percepita (come ad esempio il deprezzamento case nelle zone ad alto tasso di prostituzione). Si può dire che ragionando per astratto il modello italiano ha più costi rispetto a quei paesi che adottano politiche di regolamentazione”. Preferibile dunque una regolamentazione del settore:
“La regolamentazione farebbe emergere tutta la parte di nero non sfruttato, distinguerebbe inoltre il lecito dall’illecito, eliminando o riducendo quelle zone grigie dove non si capisce bene chi è punibile per quale reato”. Insomma dove esiste una regola chiara si capisce meglio quello che si può e quello che non si può fare e, di conseguenza, chi va perseguito e chi no.
 Fonte : SITO

Ma allora perche' non regolamentare la prostituzione come in Germania  che da 11 anni ha liberalizzato il sesso, con 400 mila professioniste e un giro d’affari da 14,5 miliardi ?! o prendiamo dalla Germania solo l'euro-rigore che la Merkel e l'europa ci impongono ?
Che paghino le tasse anche le lucciole , no?
Sarebbe un beneficio per lo Stato, quindi per tutti noi e non soltanto per i magnacci.
 Se però vogliamo fare i moralisti, va anche bene , sarei anche d'accordo, ma cominciamo ad  eliminare tutte le sale bingo dalle città, i gratta e vinci , il lotto e il superenalotto , le slot machine , la vendita degli alcolici nei supermercati, ecc,..

 


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